GESTIONE CLINICA DEL NODULO TIROIDEO

IL nodulo tiroideo   è presente in crca il  5% della popolazione adulta   con diversa prevalenza nelle varie  aree  geografiche . Spesso sono identifocati   come  riscontor incidentale  in corso di altri esami (  Doppler  TSA  ,  eco  linfonodi …)

Da tener presente  poi  il problema  di pseudo noduli ; ad esempio l’accentuazione della trama connettivale, con la conseguente sepimentazione del parenchima ghiandolare, e il profilo lobulato del margine posteriore tiroideo, aspetti ecografici tipici della m. di Hashimoto, possono originare aspetti pseudo-nodulari .

Il linfoma primitivo della tiroide, anche se raro, deve essere preso in considerazione nella diagnosi differenziale dei pazienti affetti da gozzo e neoformazioni tiroidee in accrescimento progressivo, soprattutto se associato ad un quadro clinico ed ecografico di tiroidite.Nel 90% dei pazienti il sintomo di esordio è l’aumento progressivo di volume (in genere nel corso di settimane o mesi) di un pre-esistente gozzo. Durante il suo avanzamento, la malattia si associa a disfagia, dispnea, disfonia, dolore cervicale ed edema facciale, per la compressione di trachea, esofago e grossi vasi del collo.
Meno frequentemente il linfoma può insorgere su un nodulo singolo o può presentare una crescita lenta e insidiosa nel corso di molti mesi

Metastasi  tiroidee :

La biopsia tiroidea, anche indicata nella letteratura anglosassone più recente come core needle biopsy (CNB), corrisponde al campionamento di un microfrustolo di tessuto tiroideo mediante impiego di aghi di 18-21 G, solitamente muniti di dispositivo a molla del tipo tru-cut. La procedura è oggi condotta pressoché esclusivamente sotto guida ecografica   e consente la caratterizzaizone   di metastasi a sede tiroidea di altre neoplasie (carcinoma mammario, carcinoma renale, melanoma, ecc.). 

La comparsa   di un gozzo  caratterizzato da un aumento di volume della tiroide, che può interessare l’intera ghiandola o essere limitato a lesioni focali (formazione di uno o più noduli).
La prevalenza del gozzo varia in rapporto a diversi fattori, quali l’area geografica, l’età e il periodo di tempo preso in considerazione.

Classificazione del gozzo
In base alla diffusionediffuso
uninodulare
plurinodulare
In base alla funzioneeutiroideo
ipotiroideo
ipertiroideo

 La valutazione di un nodulo deve  tendere a cercare di identificare il picoclo sottogruppo di  lesioni maligne .

Sono più comuni mnelle aree a  carenza  di iodio , nelle donne  e nell’età avanzata ; diventano in genere palpabili se  maggiori di 1 cm  le metodiche  più sensibili pe rla loro definizione  sono ovvaimente  l’ecografia e la  TAC  per definirne le caratteristiche  specie  nei  GMN  ai  fini  dell’intervento di radicalizzaizone .

La TC e la RM, hanno un ruolo non sostituibile nei casi di gozzo voluminoso che si approfonda al di sotto del giugulo, vista l’impossibilità dell’ecografia di valutare la porzione immersa della ghiandola e l’imprecisione della scintigrafia. In tali casi, le due indagini (TC e RM) sono in grado di fornire una valutazione sulle reali dimensioni della ghiandola e sui rapporti anatomici con le strutture vitali del collo (determinando in particolare il lume della trachea nel suo diametro più ristretto) e l’immersione nel mediastino, fornendo informazioni utili per decidere la necessità di un intervento chirurgico e la sua corretta pianificazione.

Molte lesioni che all’ecografia  hanno sruttuira  mista   cistica  /solida   all’ecografia  e possono apparire  spongiformi  riflettendo  la struttura  macrofollicolare  , sono benigni , così come la maggior parte dei noduli   solidi  sia  iso/ipo/iperecogeni , così come le lesioni francamnete  cistiche

Nella valutazione ecografica si deve seguire una classificazione proposta dalle linee guida AACE-ACE-AME

Classe 1: lesioni a basso rischio (rischio atteso di malignità circa 1%):

  • cisti semplici;
  • noduli in gran parte cistici (contenuto fluido > 80%) che presentino margini regolari, con artefatti da riverberazione (“comet tail”) e senza segni ecografici di sospetto;
  • noduli pressoché interamente spongiformi, confluenti o con alone regolare

 Classe 2: lesioni a rischio intermedio (rischio atteso di malignità circa 5-15%):

  • noduli debolmente ipoecogeni (in confronto col tessuto tiroideo circostante);
  • noduli isoecogeni di forma ovoidale o arrotondata e margini regolari o indefiniti.

Possono essere presenti e aumentano il rischio di malignità:

  • vascolarizzazione intra-nodulare;
  • elevata rigidità all’elastografia;
  • macro-calcificazioni;
  • spot iperecogeni di incerto significato (non definibili con certezza come micro-calcificazioni).

Classe 3: lesioni ad alto rischio (rischio atteso di malignità circa 50-90%, in rapporto al numero di caratteri di sospetto). Sono presenti uno o più dei seguenti segni:

  • marcata ipoecogenicità (rispetto ai muscoli pre-tiroidei);
  • margini spiculati o lobulati (in almeno tre punti);
  • micro-calcificazioni;
  • forma “taller than wide”;
  • crescita extra-tiroidea;
  • adenopatia patologica.
  •  

Il referto ecografico tiroideo deve contenere dettagli relativi a:

  • sede della tiroide: descrizione di ectopie tiroidee o approfondimento mediastinico del gozzo;
  • volume ghiandolare con descrizione di alterazioni: iperplasia/gozzo, atrofia o asimmetria dei lobi;
  • eco-struttura ghiandolare e/o presenza di noduli.

In caso di noduli significativi (al massimo 2), specificare:

  1. dimensioni e morfologia;
  2. ecogenicità e omogeneità;
  3. presenza di eventuale componente cistica;
  4. caratteristiche dei margini;
  5. presenza e caratteristiche delle calcificazioni;
  6. vascolarizzazione nodulare (color-doppler e power-doppler).

Il referto deve segnalare in dettaglio solo linfadenopatie sospette del collo, indipendentemente dal fatto che siano riconducibili alla patologia tiroidea in esame.Quando possibile eseguire elastografia e comunque al termine dell’esame deve essere riportata l’eventuale indicazione alla valutazione citologica da ago-aspirato.

I maggiori limiti diagnostici dell’FNA sono dovuti al prelievo di materiale non adeguato a porre la diagnosi citologica, con conseguente necessità di ripetere il prelievo. Tale evento si verifica con una frequenza di circa il 5-10%, solo in parte influenzata dall’esperienza dell’operatore.
L’esame citologico in rari casi può non individuare la presenza di una neoplasia (1-3% di falsi negativi) o, al contrario e meno frequentemente, è possibile il sospetto di neoplasia in un nodulo in realtà benigno (falsi positivi in circa l’1% dei casi). Per tali motivi e per la bassa ma possibile evolutività in senso maligno della patologia nodulare tiroidea, può essere opportuno ripetere l’esame a distanza. L’FNA deve essere ripetuto in occasione di un aumento dimensionale significativo (> 20% del diametro maggiore o > 50% del volume) o di una modifica sospetta dell’aspetto ecografico del nodulo interessato.

Utilizzo della sintigrafia nella tipizzazione  di un nodulo :

Una  volta   identificato un nodulo palpabile  , si valuta  la  funzione tiroidea  con il   TSH  ;  se basso , inibito  , la scintigrafia tiroidea può essere suggerita L’esecuzione routinaria della scintigrafia non è raccomandata nell’inquadramento iniziale del nodulo tiroideo.

Se dimostra  nodulo iperfunzionante , valutazione e terapia per ipertiroidismo e le probabilità  che il nodulo sia  maligno sono alquanto ridotte e l’agobiopsia  non è necessaria

Se alla scintigrafia   nodulo  freddo  e  TSH  normale  o elevato ,  ecografia  diagnostica   ed effettuare  FNA  secondo   le caratteristiche  ecografiche e  alla dimensione .

Tuttavia anche se i noduli scintigraficamente “freddi” hanno una maggiore probabilità di essere maligni rispetto a quelli “caldi”, il valore predittivo per malignità dei noduli non captanti è comunque basso (10-15%). Per tale motivo, il semplice riscontro di nodulo freddo non è sufficiente a indirizzare all’esame citologico ed è necessario valutare in modo combinato tale caratteristica con i caratteri ecografici suggestivi per malignità.

Nella maggior parte dei Servizi di Anatomia Patologica sul territorio nazionale vengono utilizzate per il referto citologico le 5 classi diagnostiche stabilite dal Consensus AIT-SIAPEC del 2014.

Tabella 3
Consensus Italiana per la Citologia Tiroidea (SIAPEC 2014)
ClasseDefinizione
TIR 1Non diagnostico (inadeguato o insufficiente)
TIR 1cCistico non diagnostico
TIR 2Benigno
TIR 3ALesione indeterminata a basso rischio (atipia o lesione follicolare di significato indeterminato)
TIR 3BLesione indeterminata ad alto rischio (neoplasia follicolare o lesione sospetta per neoplasia follicolare)
TIR 4Sospetto per malignità
TIR 5Maligno

Per i referti citologici TIR 1 (campione inadeguato) viene consigliata la ripetizione dell’esame entro 1-3 mesi. Al fine di ridurre il rischio di inadeguatezza del campione, nelle lesioni complesse prelevare sulla porzione solida e nei noduli di grandi dimensioni campionare le porzioni più periferiche per evitare la parte necrotica centrale, spesso presente. Nel caso di citologia ancora inadeguata dopo la ripetizione dell’esame, prendere in considerazione l’esame micro-istologico del nodulo mediante biopsia con ago tranciante (CNB).
Deve essere sottolineato che la classificazione prevede un referto di inadeguatezza compatibile con benignità (TIR 1 C), in caso di nodulo prevalentemente o completamente cistico. Questo tipo di nodulo non può, infatti, fornire una quota di cellule tali da considerare adeguato il prelievo. La combinazione di tale classe citologica con il riscontro di caratteri ecografici benigni depone sul piano clinico per la benignità.

I noduli con citologia benigna (TIR 2) possono essere avviati a semplice follow-up annuale o biennale. La ripetizione dell’esame citologico sarà guidata, come già detto, da aumenti dimensionali significativi e/o da modifiche sospette della struttura del nodulo.

I noduli con citologia indeterminata devono avere gestione differente a seconda che siano classificati come TIR 3 A o TIR 3 B.

È riportato che i noduli con citologia indeterminata (TIR 3A e 3B) se ipercaptanti alla PET/CT con 18F-FDG sono ad alta probabilità di neoplasia. In considerazione dell’incostante captazione delle neoplasie tiroidee non aggressive (carcinomi follicolari e varianti follicolari del carcinoma papillare) e della prevalenza non elevata delle neoplasie maligne tra i noduli indeterminati (15 – 35%), non appare “cost-effective” completare l’inquadramento dei noduli indeterminati con l’esecuzione di routine della PET/CT con 18F-FDG.

In caso di citologia TIR 3 A, con prevalenza di malignità dal 5 al 15%, è di regola indicato un approccio conservativo che preveda la ripetizione a distanza dell’esame. La ripetizione dell’esame in circa il 50% dei casi è seguita da una riclassificazione citologica TIR 2, che quindi definisce il nodulo come benigno e ne consente il follow-up nel tempo. Ulteriori approfondimenti, dalla valutazione immunocitochimica, alla CNB eco-guidata o all’intervento chirurgico, sono presi in considerazione solo in caso di persistenza della citologia indeterminata, associata a crescita del nodulo o alla presenza di caratteri ecografici sospetti.
I noduli con citologia TIR 3 B sono gravati da una prevalenza di malignità del 15-30% e di norma sono inviati alla chirurgia diagnostica (in genere rappresentata dalla lobo-istmectomia). In caso di rilevanti comorbilità del paziente o di volontà di non essere operati, sono prese in considerazioni ulteriori indagini (immuno-citochimica, CNB per esame micro-istologico, determinazioni molecolari  mutazione BRAF), al fine di meglio definire il rischio di malignità della lesione. Quest’ultimo approccio, più conservativo, può essere considerato in presenza di caratteri ecografici non sospetti.

Le classi TIR 4 e TIR 5 devono essere avviate all’intervento chirurgico, specificando al paziente il rischio di malignità che nel caso del TIR 4 è dell’ordine dell’65-80% e nel caso del TIR 5 è > 95%. Al fine di una migliore pianificazione dell’intervento chirurgico, i noduli con citologia TIR 4 possono essere sottoposti a indagini immuno-citochimiche e/o molecolari e, in casi e ambienti selezionati, può essere utile la programmazione dell’esame istologico intra-operatorio

Diversi studi hanno cercato di valutare la presenza della mutazione BRAF   nei noduli tiroidei con citologia indeterminata al fine di riuscire ad individuare i noduli sicuramente neoplastici .

La  mutazone BRAF  V600 E, al momento, non è stata mai identificata in altri sottotipi istologici del cancro alla tiroide come il carcinoma midollare della tiroide o il carcinoma follicolare della tiroide (1-4). La mutazione del BRAF, tuttavia, è stata riscontrata anche in alcuni tumori tiroidei anaplastici o scarsamente differenziati (verosimilmente derivanti da un pregresso tumore papillare con maggior aggressività).

Tuttavia questi lavori hanno dimostrato che la mutazione BRAF nei noduli indeterminati (TIR3) è molto bassa (in media circa del 5% con un range che va da 0 al 23%). In sostanza, i tumori tiroidei che solitamente si nascondono tra le lesioni indeterminate (come ad esempio il carcinoma papillare-variante follicolare) hanno solitamente un atteggiamento scarsamente aggressivo ed esprimono molto raramente la mutazione BRAF.

Pertanto, in caso di riscontro della mutazione di BRAF (evento che, tuttavia, si riscontra raramente in questo tipo di noduli), è molto probabile che il nodulo TIR3 sia realmente un tumore.

L’assenza di mutazione BRAF, invece, non rappresenta una garanzia che il nodulo in questione sia necessariamente benigno. Per questi motivi il ruolo di BRAF nei noduli indeterminati TIR3 è marginale

Tabella 4
Categorie di refertazione citologica SIAPEC-AIT 2014 con le azioni cliniche suggerite
CodiceCategoria diagnosticaRischio atteso di malignità (%)Azione clinica suggerita
TIR 1Non diagnosticoNon definitoRipetere FNA eco-guidata dopo 3 mesi
TIR 1CNon diagnostico-cisticoBasso (variabile in base al quadro clinico)Valutare nel contesto clinico, eventualmente ripetere FNA
TIR 2Non maligno/benigno< 3Follow-up
TIR 3ALesione indeterminata a basso rischio< 10Follow-up/indagini molecolari/ eventuale ripetizione FNA
TIR 3BLesione indeterminata ad alto rischio15-30Exeresi chirurgica (eventuali Indagini molecolari)
TIR 4Sospetto di malignità60-80Exeresi chirurgica con eventuale esame intra-operatorio (eventuali Indagini molecolari)
TIR 5Maligno> 95Exeresi chirurgica.
Approfondimento diagnostico in casi selezionati

CARCINOMA ANAPLASTICO

Il carcinoma tiroideo anaplastico (CA) costituisce una delle più aggressive e letali neoplasie solide. Rappresenta attualmente circa l’1-2% dei carcinomi tiroidei e vi è un trend di diminuzione relativa, probabilmente legato all’incremento di incidenza delle forme differenziate (1). Nonostante questo, il carcinoma anaplastico è responsabile del 50% della mortalità annua per carcinoma tiroideo.
È un tumore tipico dell’età avanzata, con picco nella 7° decade, ma sono riportati, e anche l’esperienza del nostro centro lo conferma, casi in età < 50 anni. L’incidenza è lievemente maggiore nelle femmine, con un rapporto femmine:maschi che, a secondo delle casistiche, varia fra 3:1 a 1.2 :1.
La modalità di presentazione classica è un nodulo o una massa dura in rapida espansione, talora su un vecchio gozzo nodulare pre-esistente. Solitamente il paziente riferisce una crescita nell’arco di giorni/settimane, talora rapidamente associata ad altri sintomi infiltrativi, quali raucedine e disfagia. La neoplasia è metastatica alla diagnosi in circa il 50% dei casi, più frequentemente al polmone, seguita da ossa e cervello
Costituiscono elementi prognostici sfavorevoli

Nei casi in cui il tumore insorge per sdifferenziazione di un carcinoma papillare e follicolare si può trovare una mutazione del proto-oncogene BRAF e RAS (in percentuali rispettivamente del 26% e 22%, dati medi della letteratura). La mutazione del gene TERT (recentemente individuata nelle forme differenziate più aggressive) è presente nel carcinoma anaplastico in percentuali fino al 70%

CARCINOMA  MIDOLLARE

Lo possiamo trovare  in forma sporadica  e familiare  , MTCs  MTC

Descritto per la prima volta come entità clinico-patologica specifica nel 1959 da Hazard e al. (1), è un tumore maligno raro, che origina dalle cellule C parafollicolari della tiroide (2), derivanti dalla cresta neurale, ed ha la peculiarità di secernere calcitonina (CT), come le cellule C parafollicolari normali. Possono essere sintetizzati e secreti anche altri peptidi, quali il CEA (frequente) e in casi rari CRH, ACTH, peptidi PTH-relati, insulina, glucagone.

Il MTC rappresenta circa il 5% dei tumori maligni della tiroide e nel 75-80% dei casi si presenta in forma sporadica (MTCs), con lieve prevalenza nel sesso femminile (F:M = 1.5:1). Nella forma sporadica il picco di incidenza avviene tra 5° e 6° decade, quasi sempre come nodulo unico ai due terzi superiori di un lobo tiroideo (sede di prevalente localizzazione delle cellule C); le forme multifocali non eccedono il 15-20%; non è frequente la coesistenza di gozzo multinodulare.

Nel MTCs è descritta una mutazione somatica (presente solo nelle cellule tumorali, e valutabile su campione istologico) del gene RET (che codifica per un recettore transmembrana ad attività tirosino-kinasica) in percentuali molto variabili (23-66%) ; la mutazione più frequente è a carico del codone 918, esone 16, ed è associata a una maggiore aggressività della neoplasia.

La forma familiare del carcinoma  midollare  è determinata da una mutazione puntiforme (sostituzione di un singolo residuo aminoacidico) germinale (presente in tutte le cellule) attivante di un gene che codifica per un recettore transmembrana ad attività tirosino-kinasica (RET – REarranged during Transfection), identificato nel 1985 (1) e  localizzato sul braccio lungo del cromosoma 10 (10q11.2) , mutazione in uno dei seguenti esoni del gene RET: 5, 8, 10, 11, 13, 14, 15, 16

Questo gene nella forma mutata Ret/ptc è correlato all’insorgenza di alcune neoplasie. La principale causa di questo tumore risulta essere l’esposizione a radiazioni ionizzanti, infatti una forma più aggressiva di questo tumore, una forma solida (con mutazione Ret/ptc 3) è stata rilevata nelle popolazioni esposte alle radiazioni

RET esercita una funzione di controllo fisiologico della differenziazione cellulare, essenziale per lo sviluppo dei neuroni simpatici, parasimpatici ed enterici, del rene, delle cellule C-parafollicolari della tiroide e per la spermatogenesi.

La forma familiare di MTC rappresenta il 20-25% di tutti gli MTC, ad elevata penetranza (> 90% all’età di 50 anni) ed è componente unica o manifestazione clinica prevalente di MEN-2 (Neoplasia Endocrina Multipla) :

  • MEN 2A : la manifestazione clinica di MTC avviene in genere tra la 3° e la 4° decade;
  • FMTC (solo carcinoma midollare familiare): insorgenza di MTC più tardiva rispetto a MEN 2A e MEN 2B, decorso clinico più favorevole; oggi considerato una variante di MEN 2A;
  • MEN 2B: forma più rara, con maggiore aggressività biologica di MTC, che si sviluppa in età infantile (2); spesso i pazienti non hanno familiarità per la sindrome: in oltre il 50% dei pazienti la sindrome è sostenuta da mutazione germinale de novo di RET.
Tabella 1
Manifestazioni cliniche delle sindromi MEN 2 e loro prevalenza
SindromeFrequenzaCaratteri clinici
MEN 2a~55-60%Carcinoma midollare della tiroide (~100%)
Feocromocitoma (40-50%)
Iperparatiroidismo (20-30%)
Varianti: con lichen cutaneo amiloidosico (lesione cutanea pruriginosa, spesso iperpigmentata, in sede interscapolare, segno precoce e patognomonico di MEN 2A);con malattia di Hirschsprung  (anomalo rilassamento del colon determinato da assenza di specifici gangli del colon)
FMTC~35-40%Carcinoma midollare della tiroide (100%)
Variante: con malattia di Hirschsprung
MEN 2b~5-10%Carcinoma midollare della tiroide (100%)
Feocromocitoma (~50%)
Habitus marfanoide, neuromi mucosi, ganglioneuromatosi tratto gastro-enterico, ipertrofia dei nervi corneali

Il MTC è la prima manifestazione clinica nella maggioranza delle famiglie MEN 2, e in alcune piccole famiglie MEN2A il MTC rimane l’unica patologia espressa per molti anni, con conseguente rischio di essere considerate erroneamente famiglie FMTC, e a rischio di non essere sottoposte a screening per feocromocitoma e iperparatiroidismo; le linee guida del 2001 per diagnosi e terapia di MEN tipo 1 e tipo 2 hanno stabilito criteri per considerare una famiglia FMTC (7):

  • > 10 soggetti portatori della mutazione RET
  • più soggetti di età > 50 anni portatori di mutazione RET o affetti da MTC

TUMORI TIROIDEI DIFFERENZIATI , PAPILLARE  O FOLLICOLARE

Il CP   è il tipo più comune di  cancro della tiroide   e rappresenta  il 70/ 90%  dei carcinomi   ben differenziati

Tende ad essere   multifocale  e a invadere  localmente all’interno  la  ghiandola  , oltre a estendersi  oltre la capsula infiltrando  le strutture adiacenti .

Metastatizzza preferibilmente  per via  linfatica  o ematica al  polmone e all’osso .

Tuttavia  la maggior pate dei  CP  viene identificata  in fase precoce   e ha  una prognosi eccellente

Il CF  è più comune nelle aree di carenza  iodica .

Il CF  è  difficile da diagnosticare  mediante  agoapsirato dato che  la  dg  differenziale tra neoplasie benigne e maligne  si basa principlamente sulla   valutazione  dell’invasione dei  vasi o delle strutture  adiacenti . Tende a  metastatizzare per via ematica  interessando   osso , polmone e  SNC .

Il tasso di mortalità è più alto rispetto al ppillare , ma  soprattutto perchè spesso la dg  è tardiva  .

Indici prognostici  negativi sono   l’età superiore a 50 anni , dimensioni maggiori di 4 cm , cellule  di  Hurtle e  invasione vascolare

Il  Papillare il Follicolare  rientrano  quindi nel carcinoma differenziato della tiroide  (DTC)  che si caratterizza per un’ottima prognosi, con una probabilità di guarigione che può essere complessivamente stimata attorno al 90% dei casi. La maggior parte dei pazienti è infatti guarita dopo il trattamento iniziale (intervento chirurgico ± terapia radiometabolica con 131-I); tuttavia circa il 5-20% dei pazienti presenterà nel corso del follow-up metastasi/recidiva loco-regionale di malattia, mentre un gruppo più limitato (5-10%) svilupperà metastasi a distanza. Circa il 60-70% di questi ultimi casi e più in generale il 5% di tutti i tumori tiroidei diventerà refrattario al radioiodio, con un conseguente impatto prognostico negativo.

Si  e’ già detto della  valutazione  mutazione  BRAF   nella  citologia  indeterminata …….

…….Diversi studi hanno cercato di valutare la presenza della mutazione BRAF nei noduli tiroidei con citologia indeterminata al fine di riuscire ad individuare i noduli sicuramente neoplastici . Tuttavia questi lavori hanno dimostrato che la mutazione BRAF nei noduli indeterminati (TIR3) è molto bassa (in media circa del 5% con un range che va da 0 al 23%). In sostanza, i tumori tiroidei che solitamente si nascondono tra le lesioni indeterminate (come ad esempio il carcinoma papillare-variante follicolare) hanno solitamente un atteggiamento scarsamente aggressivo ed esprimono molto raramente la mutazione BRAF. Pertanto, in caso di riscontro della mutazione di BRAF (evento che, tuttavia, si riscontra raramente in questo tipo di noduli), è molto probabile che il nodulo TIR3 sia realmente un tumore. L’assenza di mutazione BRAF, invece, non rappresenta una garanzia che il nodulo in questione sia necessariamente benigno. Per questi motivi il ruolo di BRAF nei noduli indeterminati TIR3 è marginale (13)

Per la stadiazione del tumore tiroideo sono stati proposti e utilizzati numerosi sistemi (TNM, AMES, MACIS, ecc), ma nessuno è superiore all’altro. Se tutti questi sistemi avevano il “difetto” di valutare la malattia tumorale tiroidea in modo statico, con l’introduzione nella pratica clinica delle linee guida ATA 2015 e la successiva revisione da parte delle società italiane è stato proposto un nuovo sistema di stadiazione di tipo dinamico della stratificazione del rischio. La dinamicità di questo sistema parte dal presupposto che la storia naturale del paziente e della sua malattia ci impone di formulare periodici aggiornamenti del suo inquadramento prognostico. In particolare, tali aggiornamenti avvengono in due  momenti principali:

  1. in fase post-chirurgica, in base ai dati clinico-anamnestici di partenza e al dato istopatologico;
  2. post-terapia ablativa con 131I (qualora eseguita), che integra i dati istopatologici con il risultato della scintigrafia post-dose e della tireoglobulina (Tg) misurata in condizioni di stimolazione;

Il sistema maggiormente utilizzato è il sistema TNM (tumore-node-metastasis), elaborato dalla American Joint Committee on Cancer (AJCC), che permette di predire il rischio di morte malattia-correlato  Le principali novità introdotte nell’ultima versione del TNM, 8° edizione, rispetto alla versione precedente riguardano:

  • l’aumento del cut-off di età da 45 a 55 anni;
  • la minor rilevanza del significato prognostico negativo di alcune caratteristiche istologiche tumorali (es. metastasi linfonodali loco-regionali, minima estensione extra-tiroidea) a favore dell’estensione ai muscoli peri-tiroidei.
Tabella 2
Stadiazione TNM e gruppi prognostici per i tumori tiroidei differenziati (papillare o follicolare)
(modificato da: AJCC Cancer Staging Manual, 8
th Edition, 2016)
StadioTNMSopravvivenza a 10 anni
< 55 anni
IQualsiasiQualsiasiM098-100%
IIQualsiasiQualsiasiM185-95%
≥ 55 anni
IT1N0/NxM098-100%
T2N0/NxM0
IIT1N1M085-95%
T2N1M0
T3a/bQualsiasi NM0
IIIT4aQualsiasi NM060-70%
IVaT4bQualsiasi NM0< 50%

Da  considerare  poi , per  i carcinomi differenziati la stratificazione del rischio  in base alla risposta  al trattamento  con radioiodio

Il nuovo concetto introdotto dalle linee guida ATA 2015 è quello per cui la stratificazione iniziale del rischio di recidiva/persistenza di malattia non è un concetto statico, ma dinamico e deve pertanto essere aggiornata durante il follow-up dei pazienti, alla luce dei trattamenti effettuati e della risposta ottenuta. La risposta al trattamento iniziale si basa sulla valutazione dei seguenti parametri a distanza di 6-12 mesi dalla terapia con radioiodio:

  • Tg circolante in condizioni basali o dopo stimolazione;
  • ecografia cervicale;
  • eventuali indagini strumentali aggiuntive (TC o 18F-FDG TC-PET) in casi selezionati.

L’insieme di questi dati permette una nuova suddivisione dei pazienti in quattro diverse categorie . Ad ogni tipo di risposta corrisponde una riclassificazione del rischio di recidiva . Tale sistema è già stato testato nella pratica clinica, che ne ha confermato la validità nel predire il rischio di recidiva di malattia

Tabella 10
Risposta al trattamento iniziale
RispostaTg sierica/AbTgEcografiaAltro imaging (TC/WBS/PET)Rischio recidiva
Eccellente (tutti i criteri indicati)< 0.2 ng/mL (in terapia soppressiva con L-T4).
< 1 ng/mL (dopo rhTSH).
NegativaNegativo1-4%
Biochimica incompleta (uno qualsiasi dei criteri indicati)> 1 ng/mL (in terapia soppressiva con L-T4).
> 10 ng/mL (dopo rhTSH)
Incremento del titolo di AbTg.
NegativaNegativo20-30%
Strutturale incompleta (uno qualsiasi dei criteri indicati)Qualsiasi valore di Tg o AbTg.Positiva per persistenza/recidiva di malattia loco-regionalePositiva per persistenza/ comparsa di malattia a distanza50-85%
IndeterminataTg 0.2-1 ng/mL (in terapia soppressiva con L-T4).
Tg 1-10 ng/mL (dopo rhTSH).
Titolo anticorpale AbTg stabile o in riduzione
Presenza di immagini aspecifichePresenza di immagini aspecifiche15-20%

La determinazione della tireoglobulina sierica costituisce un parametro chiave dell’inquadramento prognostico, ma va tenuto di contro che i valori di Tg possono essere influenzati da diversi parametri: la quantità di tessuto residuo dopo l’intervento e/o la terapia ablativa, il livello di soppressione dei valori di TSH, il dosaggio utilizzato per la determinazione e il tempo intercorso tra l’intervento chirurgico/terapia ablativa e la misurazione analitica

riassumendo ….

Nell’inquadramento iniziale del nodulo tiroideo è consigliato il dosaggio del TSH reflex.

 Non è raccomandato il dosaggio routinario delle frazioni libere degli ormoni tiroidei e degli anticorpi anti-tiroide.

Dosare FT4 ed FT3 in caso di TSH basso ed FT4 e TPOAb in caso di TSH elevato.

Nei pazienti con reperti ecografici o clinici suggestivi di tiroidite cronica linfocitaria, se TPOAb sono nei limiti dosare gli anticorpi anti-Tg.

Non è consigliata la misurazione dei livelli della Tg sierica nella valutazione iniziale del nodulo tiroideo.

 Il dosaggio della Tg può essere preso in considerazione nei pazienti che devono essere sottoposti a chirurgia per carcinoma differenziato.

Dosare gli anticorpi anti-recettore del TSH (TRAb) solo nei pazienti con TSH soppresso, nel sospetto di un coesistente morbo di Graves.

Non si raccomanda a favore né contro la determinazione della CT sierica nell’inquadramento di routine dei noduli tiroidei.

La CT deve essere dosata nei noduli con reperti ecografici sospetti o con referto citologico indeterminato o sospetto per malignità e nei pazienti con storia familiare o sospetto clinico di MTC o MEN-2. Considerarlo inoltre prima dell’intervento chirurgico nei gozzi pluri-nodulari.

Ripetere il dosaggio della CT se i livelli basali sono superiori alla norma, soprattutto in presenza di possibili fattori interferenti. Il dosaggio dovrà essere inoltre eseguito dopo un’adeguata sospensione dei possibili farmaci interferenti.

Si suggerisce di considerare il test di stimolo endovenoso della CT con calcio se i livelli basali sono < 100 pg/mL.

Si suggerisce il dosaggio di calcemia e PTH in caso di lesioni cervicali ecograficamente compatibili con paratiroidi iperplastiche.

ESAMI DI LABORATORIO UTILI PER LA CARATTERIZZAZIONE DEL NODULO :

La tireoglobulina (Tg) è un marcatore di recidiva di neoplasia differenziata tiroidea dopo l’intervento di tiroidectomia, soprattutto (ma non necessariamente) se questa è seguita dall’ablazione del residuo chirurgico con iodio radioattivo. In fase pre-operatoria i livelli sierici non mostrano valori elevati in presenza di malignità rispetto alla patologia nodulare benigna: la correlazione più significativa dei valori di Tg, infatti, è con le dimensioni del gozzo (pressoché “lineare”) piuttosto che con la natura dei noduli. La Tg non rappresenta pertanto un esame specifico per il carcinoma tiroideo. Il dosaggio può essere di aiuto se valutato sul liquido di lavaggio della siringa utilizzata per l’FNA nel caso sia stata campionata una lesione al di fuori del letto tiroideo suggestiva di tessuto tiroideo o un linfonodo con criteri ecografici sospetti per secondarietà.

La calcitonina (CT) è un marcatore sensibile e specifico per MTC. La sua importanza è legata al fatto che il MTC è un tumore non molto frequente (< 5% di tutti i tumori della tiroide) ma potenzialmente molto aggressivo e non responsivo alla terapia con radioiodio. Sfortunatamente il dosaggio della CT può presentare falsi positivi (CT elevata in assenza di MTC) ed elevati valori di CT sierica si possono riscontrare in numerose condizioni, patologiche e non: iperplasia cellule C para-follicolari, ipergastrinemia (gastrinomi, gastrite cronica atrofica), ipercalcemia (iperparatiroidismo primario), insufficienza renale cronica, NET (microcitoma polmonare, carcinoide polmonare, tumore delle isole pancreatiche, VIPoma, tumori prostatici, tutte situazioni in cui la CT non aumenta dopo stimolo con calcio), tumori differenziati della tiroidetiroidite autoimmune, anticorpi eterofili anti-CT (macro-CT), gravidanza, attività fisica. Aumentati valori di CT possono essere farmaco-indotti: inibitori di pompa protonica, gluco-corticoidi, ß-bloccanti, glucagone, agonisti del GLP-1. È inoltre difficile stabilire un unico cut-off di CT, sia basale che stimolata, in grado di diagnosticare un MTC. La determinazione di CT nel siero ha un valore predittivo di MTC prossimo al 100% per valori > 100 pg/mL, mentre per valori compresi tra 50 e 100 pg/mL tale valore scende a circa il 25% e per valori tra 20 e 50 pg/mL a meno del 10% (tab 2).

Tabella 2
Rischio di MTC per i diversi valori di CT
Valore (pg/mL)Rischio di MTC
> 100Estremamente elevato (100%)
50-100Moderato (25%)
20-50Basso (8.3%)
< 10Normale

TERAPIA  CHIRURGICA DEL NODULO TIROIDEO

L’intervento  hirurgico   sulla tiroide  può   comportare  complicanze   che dpendono dall’esperienza dell’operatore   e che  si   riducono nei centri   dove vengono eseguiti  un alto numenro di interventi ;  tra  le complicanze   emorragie  , disfonie  ipoparatiroidsmo  parziale  o totale   cicatrici.

Ricordare al paziente che la maggior parte dei tumori tiroidei ha un decorso indolente e che la prognosi in genere è favorevole. Per tale motivo, il tipo di intervento chirurgico deve essere programmato dopo attenta discussione con il paziente e avendo analizzato il rapporto tra i potenziali benefici e le possibili complicanze.

Stadiazione Prechirurgica :

L’ecografia è lo strumento più adatto per evidenziare metastasi locali (sensibilità maggiore per i compartimenti laterali vs compartimento centrale). L’uso di ecografia ad alta risoluzione con operatore esperto (meglio se della stessa struttura dove il paziente sarà operato) consente di fornire informazioni riguardo a:

  • grandezza e sede del tumore;
  • multi-focalità/bilateralità o estensione extra-tiroidea della neoplasia;
  • presenza di linfonodi e/o masse cervicali sospette o di anomalie dei grossi vasi.

È sempre raccomandata l’esecuzione di ecografia cervicale pre-operatoria da parte di un operatore esperto nell’ecografia del collo e che appartenga alla struttura dove il paziente sarà operato.

I linfonodi sospetti devono essere sottoposti ad FNA con dosaggio della Tg sul liquido di lavaggio.

Nei pazienti che mostrano segni e/o sintomi sospetti per carcinoma localmente avanzato, è raccomandato il completamento dello staging pre-operatorio con l’esecuzione di TC o RM.

Non è raccomandato il dosaggio routinario di Tg e TgAb sierici.

Si suggerisce il dosaggio della CT in tutti i pazienti che devono essere operati.

In genre  la  emitiroidecrtomia  si consiglia   nei pazienti con microcarcinoma senza  estensione extratiroidea , senza  interessamento linfonodale  , senza  storia di irradiazione al collo e con calcitonina normale

La  tioridectomia  totale  nei noduli di grandi dimensioni  > di 4 cm , o con  citologie da  lesione follicolare aggressiva

Per noduli < 1  e < 4  m   senza  segni di   estensione extracapsulare   può esservi un intervento iniziale di  emitiroidectomia  con il limite  tuttavia  che in caso di positività all’istologico si dovrà poi  reintervenire  .

Ricordare  inoltre che in caso di neoplasie  , la  emitiroidectomia precluderà poi il trattamento radiometabolico , fatto salvo un secondo  intervento

In caso di evidenza pre-operatoria di metastasi linfonodali locali, la tiroidectomia totale deve essere associata alla rimozione dei linfonodi dei compartimenti interessati e, sempre, del compartimento centrale (VI) del collo.

A tale  proposito :

La dissezione profilattica del compartimento centrale del collo non è indicata routinariamente nei carcinomi differenziati tiroidei.

La dissezione è appropriata solo con l’evidenza clinica o ecografica di interessamento linfonodale (cN1), sia del compartimento centrale sia di quello laterale.

Il giudizio del chirurgo in sede intra-operatoria può determinare la decisione dello svuotamento del compartimento centrale.

Un problema a se stante   è per  il microcarcinoma papillare (  PTMC)

E’ un tumore a progressione molto lenta e prognosi ecellente   e la diagnostia  attuale  , compreso   lo studio molecolare  non è in gradop di  individuare con certezza  quel picolo sottogruppo di  PTMV  che  avranno una porgressione clinica , fatto salvo le  mutazioni  BRAF che  potrebbero essere prima  identificate al citologico , oppure  quelle lesioni   già con evidenza di estensione  extracapsulare  o di multifocalità .

Quindi  se il PTMC  non è avviato all’intervento dovrà essere attentamente  sorvegliato  ogni 6 mesi per i primi due anni .

Nel  caso invee  venga  avviato all’intervento , he andrà sempre  discusso  on il paziente circa  i possibili vantaggi  esvantaggi  della sorveglianza attiva  verso  l’intervento ,  ,   il trattamento  di scelta  è la  emitiroidetomia   se non lesioni contorlaterali .

TERAPIA MEDICA DEL NODULO TIROIDEO :

Non è consigliato l’uso della terapia soppressiva con levo-tiroxina, in considerazione della scarsa risposta dimensionale dei noduli (una metanalisi del 2005 riporta un NNT di 8, esprimente la necessità di trattare almeno 8 noduli per avere una riduzione del 50% del volume in uno solo di essi) e dell’elevato rischio di effetti collaterali cardiaci (cardiopatia ipertrofica/aritmie) e ossei (aumentato rischio di osteoporosi) dopo trattamento prolungato.

Può essere presa in considerazione   nei  giovani con gozzo nodulare di piccole dimensioni   e livelli di TSH  normali /alti

E comunque non è racomandata  per  prevenire la recidiva  nodulare dopo lobectomia  , se il TSH   è già nella norma .

Come trattamento alternativo alla chirurgia :

ALCOLIZZAZIONE :

Riservata  esclusivamente   ai noduli cistici , autonomi , solidi , tutti  con  citologico  negativo .

L’efficacia della tecnica è legata alla capacità dell’etanolo di provocare la sclerosi attraverso la disidratazione del tessuto trattato e la denaturazione proteica, che in ultima analisi portano alla necrosi coagulativa e alla trombosi dei vasi della zona interessata. Da questo quadro infiammatorio deriva l’infarcimento emorragico della zona trattata e la successiva fibrosi

ABLAZIONE PERCUTANEA  CON LASR O RADIOFREQUENZA :

Va utilizzata  non come alternative alla chirurgia per lesioni di grandi dimensioni, ma come mezzo di prevenzione della chirurgia per i noduli che progressivamente aumentano di volume nel corso di controlli seriati nel tempo. È necessario eseguire un doppio controllo citologico con risultato benigno prima del trattamento ablativo. 

TERAPIA RADIOMETABOLICA  :

con Iodio-131 rappresenta in molti casi (con l’esclusione della gravidanza, della contaminazione iodica o dell’età infantile) la terapia di scelta dei noduli iperfunzionanti. Bisogna  prima eseguire  FNA  sugli eventaui noduli freddi   coesistenti

Regolare   monitoraggio della funzione  tiroidea  dopo   radioiodio

Roipetere la terapia  dopo 3/6 mesi   se  ipertiroidismo persistente

                                                                      Dr. Roberto Olivetti